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L' Opus reticolatum del Casale Rampa a Tor Fiscale

In via di Torre del Fiscale, all’altezza di via del Campo Barbarico, c’è un edificio (Casale Rampa) che nell’Ottocento, fu adibito a vaccheria, costruito sui resti di una cisterna d’epoca romana o, più probabilmente, di un sepolcro, dove è visibile un bell’esempio di opus reticolatum, una disposizione particolarissima del rivestimento esterno, ottenuta con piccoli blocchi di tufo disposti esternamente con una faccia quadrata coi lati a 45° rispetto alla verticale. Così come in quest’esempio, il reticolatum, era quasi sempre racchiuso da un riquadro di mattoni. Questo tipo di struttura ha avuto un periodo di sviluppo non troppo lungo, dal tempo di Silla (I sec. a.C.), in cui si sostituì gradatamente all’opus incertum, fino a quello di Adriano (II sec. d.C.), periodo di importante ripresa, dopo il quale venne quasi abbandonato.

I romani furono, probabilmente, gli ingegneri più abili del mondo antico. Il loro approccio “pragmatico” ai problemi della vita, li portò a costruire strutture edilizie (strade, acquedotti, anfiteatri, ponti, ecc.), che ancora oggi resistono all’usura del tempo.

Per comprendere tale grandioso fenomeno che ebbe propaggini nel Medioevo e nel Rinascimento è utile tener presenti le seguenti principali caratteristiche della Roma antica:

a)     La grande potenza politica e finanziaria dello stato centrale (Roma disponeva di un sistema di tassazione, per l’epoca, efficiente);

b)     Lo spirito essenzialmente speculativo e materialistico delle popolazioni, sicché l’arte e la religione erano mezzi, ma non fini della vita;

c)     Il progressivo sviluppo dei pubblici servizi;

d)     L’organizzazione dei mezzi tecnici e il graduale perfezionamento delle nozioni tecniche.

Per i Romani lo scopo principale dell’architettura e della tecnica era essenzialmente utilitario. Gli aspetti fondamentali, a differenza di quanto avveniva per altre società, diventarono il palazzo, le terme, gli anfiteatri, i granai, i ponti, gli acquedotti, le strade e le bonifiche idrauliche. Insomma, assicurare “panem et circenses” al popolo, la soddisfazione del lusso e delle comodità materiali ai ricchi e il governo dei popoli conquistati, attraverso la concessione del benessere e mediante la mostra della grandiosità e della potenza, allo Stato. La costruzione di pubblici edifici e di pubblici impianti assunse, quindi, una funzione politica, abbinata a quella dei sistemi di governo, quasi sempre tolleranti ed avveduti, che lasciavano larghe autonomie amministrative e rispettavano le religioni e i costumi dei popoli via via conquistati.

Un aspetto particolare della crescita delle capacità tecniche costruttive dei Romani, fu l’evoluzione della tecnica costruttiva, che si separò progressivamente dalle arti architettoniche e decorative. Così poté avvenire che, mentre, dopo un periodo di splendore tra l’ultimo secolo della Repubblica ed il tempo di Adriano, queste decaddero, le altre ebbero invece un lento, regolare e continuo progresso in tutti i campi.

Questo sviluppo, non potendo, naturalmente, poggiare sul metodo scientifico tipico delle società moderne (ricerche di laboratorio, esperimenti e ipotesi teoriche espresse in formule, libero controllo di studiosi e di pratici), avvenne in modo caratteristico, attraverso la trasmissione delle cognizioni tecniche relative all’utilizzazione dei tentativi e dei risultati relativi a procedimenti ed a disposizioni costruttive, alle formule empiriche, sia pur espresse in arcane espressioni simboliche, all’interno di una sorta di “consorteria” tecnica costituita dagli artefici delle costruzioni.

Naturalmente in questa avanzata un ruolo importante fu quello rivestito dall’evoluzione delle strutture di costruzione vere e proprie e tra queste, in primo luogo, dei muri portanti. Queste strutture ebbero una loro evoluzione passando, da quelle costituite da “blocchi” di forma regolare di pietra, accostati uno all’altro (quadrati lapides; così è costruito l’Acquedotto Marcio), a quelle in cui i blocchi esterni, in realtà, formavano una forma all’interno della quale avveniva il riempimento a getto, in modo analogo al nostro calcestruzzo o beton (opus incertum; così è costruito l’Acquedotto Claudio); tecnica che sostituisce quelle nelle quali il riempimento avveniva con terra e pietre di argilla cruda. Mano a mano si passò, poi, a veri muri a “concrezione” dotati di paramenti esterni di laterizi.