Trasformare Tor Fiscale in quartiere amico delle api
L’ape (Apis mellifera) è l’insetto che tutti conoscono per la produzione del miele. Negli ultimi anni è emersa anche la sua importanza nel ciclo di impollinazione dei vegetali e si è chiarito il suo ruolo importante nella tutela della biodiversità, intesa come coesistenza in un determinato ecosistema di molteplici specie, sia animali che vegetali, in equilibrio, grazie alle loro reciproche relazioni.
Oggi, però, purtroppo questo insetto è in pericolo: si tratta allora di fare qualcosa di concreto per aiutarlo. Questo è il nostro progetto: trasformare Tor Fiscale in un quartiere amichevole per le api, ospitando negli spazi verdi e nei piccoli orti diffusi nel quartiere, ma anche nei semplici vasi del balcone, essenze vegetali adatte ad attrarre questi insetti, in modo da creare, nel contesto urbano, piccoli habitat a loro favorevoli.
Questa trasformazione si muove su tre assi:
Lista parziale di piante e di fiori che attirano maggiormente le api
Calendula (Calendula officinalis)
Campanello (Leucojom aestivum) Erba medica (Medicago sativa) Iris o Giaggiolo (Iris fiorentina o germanica) Lavanda (Lavandula angustifolia) Rosa (molte varietà di rosacee tre cui il rovo) Erba cipollina (Allum schoenoprasum) Rosmarino (Rosmarinus officinalis) Tarassaco (Taraxum officinale) Salvia (Salvia officinalis) Trifoglio (Trifolium) Topinambur (Helianthus tuberosus) Crisantemo (Chrysantenmum) Borragine (Borago officinalis) Echinacea (Echinacea) Achillea (Achillea millefolium) Girasole (Helianthus annuus) Malva (Malva sylvestris) Tagete (Tagetes) Stagionalità Porre attenzione alla stagionalità delle piante garantisce di avere fioriture durante larga parte dell’anno, che donano nutrimento ai piccoli impollinatori nel corso di tutto il periodo vegetativo. Per questo creare piccoli habitat nel contesto urbano per le api coltivando piante e fiori capaci di nutrirli può aiutare a non estinguersi Primavera La primavera è propizia per abbellire i propri balconi e giardini, i parchi pubblici e le aree verdi ad uso civico, con un’ampia varietà di fiori e piante dai molti profumi Tulipani: il bulbo del tulipano va piantato nei mesi freddi, in terra o in vasi, per avere la fioritura in primavera. Esistono varietà dai colori diversi di fiori di tulipano, dal bianco al viola, dal rosso all’arancione. Erba cipollina: erba aromatica molto utilizzata in cucina, produce fiori di un tenue viola, di cui gli insetti sono golosissimi Rosmarino: erba aromatica resistente al freddo. I ramoscelli fioriscono in primavera con tonalità che vanno dall’azzurro al viola tenue Tarassaco: è una pianta perenne che cresce spontaneamente in prati o giardini senza bisogno di seminarla. Il caratteristico fiore giallo attira le api ed è una delle prime fonti di nutrimento dopo la fine dell’inverno Salvia: arbusto che cresce in fretta e gradisce il sole. I suoi fiori dalle tonalità blu-violetto sono molto graditi alle api Trifoglio: presente in numerose varietà, è molto facile da coltivare e viene sempre più spesso scelto perché aiuta a mantenere la fertilità del suolo Estate Borragine: si tratta di una pianta annuale utilizzata in agricoltura o orticoltura come antiparassitario, si cucina come ingrediente in cucina. Facile da coltivare, anche in vaso. I fiori blu intenso, possiedono un’elevata quantità di nettare e attirano, dunque, le api Lavanda: pianta rustica, che ben si adatta alle varie condizioni climatiche del nostro territorio. I fiori, dal caratteristico colore blu-viola, rilasciano nell’ambiente una fragranza dalle innumerevoli proprietà Basilico: pianta aromatica conosciuta e molto utilizzata, produce dei fiori bianchi che sbocciano in estate e sono molto graditi dalle api Girasole: molto utile per la raccolta del nettare, da cui si produce un miele molto apprezzato. È consigliabile scegliere sementi biologiche per evitare di danneggiare le api Calendula: pianta rustica che si adatta facilmente alle diverse condizioni ambientali. I suoi caratteristici fiori giallo-arancioni attirano gli insetti impollinatori Malva: pianta erbacea perenne i cui fiori sbocciano da aprile fino ad ottobre e presentano una sfumatura violacea, è una ricca riserva di nettare per le api Margherita: pianta cespugliosa che fiorisce da maggio a settembre. Coltivata a scopo ornamentale sia in vaso sia in giardino per abbellire angoli rocciosi. Se coltivata in balcone, andrebbe posta in un angolo riparato e ben illuminato Autunno Topinambur: della famiglia dei girasoli, cresce anche spontaneamente e fiorisce con il suo giallo acceso in ottobre Crisantemo: pianta perenne, coltivabile in vaso e resistente ai climi più freddi. A ottobre e novembre nei climi temperati, dona fiori dalle tonalità variopinte: rosso vivo, giallo dorato, lilla. Fondamentale per dare l’ultimo nutrimento alle api, prima dell’inverno Fiori vari, autoctoni e colorati: le api si sono evolute con i fiori di campo. Piantare questi fiori significa dare a questi insetti un porto sicuro in cui sostare e rifocillarsi
Tor Fiscale quartiere amico delle api. Biologia e comportamento
1: La sciamatura
L’inizio. Il ciclo vitale delle colonie di Apis mellifera inizia, convenzionalmente, col processo di sciamatura entro il nido parentale (originario). I fattori alla base della sciamatura non sono del tutto conosciuti, anche si può ragionevolmente dire che l’affollamento delle api operaie nel nido gioca un ruolo importante, anche se non esclusivo. A questo punto la colonia, dove che sia, contiene da circa ventimila a ottantamila operaie. L’evento che dà il via al fenomeno è la costruzione da parte delle operaie di un esiguo numero di celle reali, costituite da camere ampie, ellissoidali, solitamente poste lungo i margini inferiori del favo. Queste celle non vengono fabbricate fino a quando la regina madre continua a secernere la “sostanza della regina” (un acido) dalle ghiandole mandibolari in quantità sufficiente a somministrare in media ad ogni operaia almeno 0,1 microgrammi giornalieri. Col sopraggiungere della stagione di sciamatura nella primavera avanzata, la produzione regale di quest’acido diminuisce, e ne segue la costruzione di celle reali. La regina depone un uovo in ogni cella reale e le larve prossime a schiudere ricevono cibi speciali dalle operaie (pappa reale), che ne assicurano lo sviluppo in regine.
La nuova regina. La crescita di una nuova regina è incredibilmente rapida, poiché trascorrono soltanto sedici giorni dalla deposizione dell’uovo allo sfarfallamento dell’ape adulta, nei confronti dei ventuno e ventiquattro giorni rispettivamente per l’operaia e il fuco. Mentre le cose procedono, lo status della regina madre va modificandosi; essa depone ancora alcune uova, ma vede l’addome ridursi di dimensioni e inizia a comportarsi in modo agitato. Le operaie le concedono meno nutrimento e mostrano anche una blanda ostilità, colpendola e saltandole in groppa. Finalmente sospinta fuori dall’alveare, se ne vola via in compagnia di un grosso stormo di operaie. Pressappoco a questo punto possono uscire parecchi di questi sciami. Lo sciame “primario” contenente la vecchia regina di solito parte poco dopo l’incapsulamento della prima cella reale, proprio prima dell’impupamento della larva reale. Il primo “sciame secondario” contenente la prima delle neoregine, si ha all’incirca otto giorni più tardi, immediatamente dopo lo sfarfallamento dalla cella reale e l’accoppiamento della nuova regina. Il verificarsi di sciami secondari dipende dalla grossezza e dallo stato di salute della colonia; il numero di tali eventi varia fortemente. Alle volte, però, circa i due terzi delle operaie abbandonano il nido.
Il nuovo nido. Le api sciamanti volano in massa per breve distanza dal vecchio alveare e si posano su un sostegno aereo, quale il tronco o un ramo di un albero, oppure il fianco di un edifico, ove si agglomerano strettamente per formare una massa compatta di corpi. È noto che l’innesco di questo comportamento richiede un secondo ferormone* elaborato nelle ghiandole mandibolari della regina. Api esploratrici partono in volo dal bivacco in tutte le direzioni alla ricerca di un nuovo sito permanente per costruirvi il nido. Scoperto un luogo idoneo -un albero cavo, il cornicione cintato di un edificio, un’arnia commerciale non occupata- le esploratrici ritornano e segnalano la direzione e la distanza della scoperta, mediante danze oscillanti eseguite ai lati dello sciame. Può accadere che esploratrici diverse annuncino contemporaneamente siti differenti; in tal caso sorge una disputa. Infine il sito pubblicizzato con maggior forza dal maggior numero di operaie riporta la vittoria e l’intero sciame vi si dirige. Vi sono a questo punto due colonie: la frazione rimasta nel vecchio nido, prossima ad acquisire una regina figlia appena fecondata e la frazione nel nuovo nido, che contiene la vecchia regina madre.
*Il ferormone è una sostanza chimica, per lo più, una secrezione ghiandolare usata nella comunicazione all’interno di una specie. Un individuo libera la sostanza come segnale e un altro reagisce al gusto o all’odore. Nel caso specifico la sostanza è l’acido trans-9-idrossi-2-decenoico
I fuchi. Per un breve periodo le operaie nel nido parentale sono prive di regina, ma già da tempo si sono posti in moto gli eventi che ne assicureranno un’altra. Ancor prima della costruzione delle celle delle regine, anteriormente alla sciamatura, le operaie hanno modellato un gruppetto di celle per fuchi, che somigliano in tutto alle celle per le operaie, salvo per le dimensioni in media poco superiori. In queste celle la regina madre depone uova non fertilizzate che, grazie al modo aplodiploide di determinazione del sesso prevalente in quasi tutti gli imenotteri, si svilupperanno in maschi. Dopo tre o quattro giorni di vita allo stato adulto, i maschi iniziano a partire per i voli d’accoppiamento, percorrendo brevi distanze dai nidi sino a speciali aree dove incontrano sciami staccati di maschi provenienti da altri nidi nelle vicinanze. Qui, prolungando il volo, attendono l’approssimarsi delle regine vergini.
La regina vergine. La prima regina vergine che emerge da una cella reale è l’unico membro adulto della sua casta nel nido: la madre è già partita e le sorelle sono ancora nelle loro celle. Ella va ora in cerca per la colonia delle sorelle rivali, scambiando con queste speciali segnali acustici descrittivamente etichettati come “singhiozzi” e “gracchii”. Se le sorelle fuoriescono dalle celle in sua presenza, si verifica un combattimento che procede finché resta una sola regina, per sciamatura o per successive uccisioni. La regina vergine viene sospinta fuori dal nido e verso il volo nuziale da un comportamento moderatamente aggressivo da parte delle operaie.
L’accoppiamento. Approssimandosi alle adunate dei maschi, la regina vergine, libera dalle ghiandole mandibolari piccole quantitativi di un ferormone. Quando questo odore si disperde sulle ali del vento, attrae maschi da distanze di dieci metri o più. L’accoppiamento è rapido e violento; il maschio esplode letteralmente i suoi genitali interni nella camera genitale della regina e presto muore. La regina effettua sino a tre voli giornalieri per un totale di dodici o più, e ogni volta copula con un maschio diverso. Infine, ottenuta una quantità di sperma bastevole per l’intero arco della sua esistenza, prende parte a uno sciame secondario, lasciando campo libero per l’emersione e l’accoppiamento della successiva regina vergine, oppure distrugge le altre giovani regine e prende possesso del nido. In entrambi i casi, se le condizioni sono favorevoli, le operaie da lei nate raddoppieranno entro un anno la popolazione sotto il suo controllo, e la colonia potrà nuovamente dividersi.
2. La danza oscillante
La danza oscillante dell’ape domestica, è la più intensamente studiata e famosa fra tutte le forme di comportamento animale. La danza è l’azione mediante la quale operaie di varie specie di api domestiche comunicano la localizzazione di provviste alimentari e di nuovi siti di nidificazione. La sua fama deriva sia dall’unicità del modo di comunicazione implicato, sia dalla completezza e perizia del lavoro dello scienziato austriaco Karl von Frisch e dei suoi discepoli, che hanno dedicato l’esistenza a questo e altri aspetti affini del comportamento dell’ape domestica. La danza oscillante è significativa in un modo particolarmente degno di nota: si tratta di un segnale costruito da un’imitazione ritualizzata e miniaturizzata del viaggio che l’ape segnalante ha effettuato nel passato, mediante la quale trasmette ad alcune delle sue sorelle la direzione da seguire per rintracciare la fonte del cibo. La danza, in altre parole, rappresenta in miniatura il viaggio che le api riceventi dovranno ripetere per arrivare al nettare dei fiori. Quando effettuano la trasvolata si può dire che sono state spedite e non guidate, alla meta. La diversità della danza oscillante consiste quindi nel fatto che si tratta di un vero e proprio messaggio simbolico che determina una complessa risposta dopo la consegna. In quasi tutte le altre forme conosciute di comunicazione animale i singoli segnali contengono una messe d’informazioni molto minore di un’unica danza oscillante e, a differenza di questa sono efficaci soltanto finché durano. Fondamentalmente la danza è una corsa lungo una figura ad otto, con la linea mediana, trasversale dell’otto contenente le informazioni sulla direzione e sulla distanza del bersaglio. La sua inclinazione rispetto al sole, infatti, indica la direzione da seguire per arrivare al luogo dove si trovano le risorse alimentari.
3. Come vedono il mondo le api?
Vi siete mai chiesti come le api vedono il mondo? L’ape (Apis mellifera) è l’insetto meglio studiato al mondo. Generazioni di studiosi hanno indagato le sue capacità sensoriali, nel corso di esperimenti più o meno complessi. Si è così concluso che l’ape mellifera può vedere simultaneamente in tutte le direzioni attorno al corpo ma, nei confronti dell’uomo, è molto miope e riceve immagini indistinte, anche di grossi oggetti vicini. Non è consapevole delle forme, così come le valuta l’uomo, ma è molto sensibile ai disegni spezzati, allo sfarfallamento della luce e al movimento improvviso; necessita approssimativamente della nostra stessa quantità di luce per vedere una qualsiasi immagine; possiede la visione cromatica, ma, in luogo del familiare spettro compreso tra il bluvioletto e il rosso, la sua sensibilità inizia nell’ultravioletto e termina nel giallo o nel rosso prossimo. La sua capacità di avvertire la luce ultravioletta le consente di osservare il sole attraverso il cielo coperto in giorni in cui noi non ne siamo capaci. Inoltre molti fiori e ali di farfalla le appaiono di colore radicalmente diverso, poiché presentano superfici ultraviolette a noi invisibili e in taluni casi superfici rosse per noi evidenti ma invisibili all’ape.
4. Come sentono le api.
Le api mellifere non hanno orecchie, cioè non sono dotate di organi specializzati per la ricezione dei suoni che si propagano nell’aria. Questi insetti sono privi di timpani o peli destinati, come invece avviene, ad esempio, nelle mosche o nei maschi dei moscerini, alla trasmissione delle vibrazioni. Le api sono anche sorde, o quasi, al suono trasmesso per via aerea e paiono indifferenti perfino ai rumori acuti. I tentativi compiuti da alcuni scienziati di addestrarle a reagire a particolari suoni diffusi nell’aria non avuto alcun successo. Le api, però, sono molto sensibili ai suoni che si propagano attraverso i solidi. Tutta una serie di organi permette alle api di reagire violentemente a battiti leggeri, raschiature e altri rumori che potrebbero ricordare l’invasione dell’alveare da parte di un animale di maggiori dimensioni; le regine neo sfarfallate comunicano avanti e indietro con “fischi” e “gracchii” che vengono percepiti anche attraverso le pareti dell’alveare; le api operaie emettono un suono caratteristico durante la corsa rettilinea della danza oscillante, che quasi certamente viene rivelato attraverso il substrato dell’alveare e può svolgere un ruolo nella comunicazione a scopo di mobilitazione.
5. Il senso dell’equilibrio delle api
Il senso dell’equilibrio è vitale per l’operaia di ape domestica, non soltanto per orientarsi nella deambulazione e nel volo e per il mantenimento di una normale posizione eretta, ma anche per la capacità di percorrere pareti verticali con un angolo costante. In particolare, quest’ultimo comportamento è utilizzato durante la cosiddetta danza oscillante. Quando l’ape danza in una direzione ascendente verticale segnala di aver fatto un volo verso il sole; un’inclinazione di dieci gradi in senso orario indica la necessità, per rintracciare la fonte di cibo, di inclinare il volo di un valore analogo; un percorso rettilineo discendente significa direzione opposta rispetto al sole, e così via, lungo tutto l’arco del compasso. Le api riescono quindi a fissarsi in mente la posizione di un’aiuola o di qualche altro bersaglio desiderabile rispetto alla posizione del sole e riescono a trasferire questa informazione alle compagne.
6. Le api regolano la temperatura all’interno dell’alveare
Le api domestiche sono molto sensibili ai cambiamenti di temperatura. Questo insetto, però, riesce a regolare la temperatura del favo, sventolando le ali e rigurgitando goccioline d’acqua all’interno del nido nei giorni di caldo torrido e ammassandosi in sciami nei giorni di freddo intenso.
7. L’odorato
Le operaie di ape domestica hanno un odorato molto simile a quello umano. Come noi, sono infatti in grado di avvertire la presenza del medesimo gruppo di composti in fase gassosa. Significativo è anche il fatto che le due specie condividono quasi gli stessi valori di soglia (il valore di concentrazione, superato il quale, è avvertita la presenza di una sostanza). Esistono alcune eccezioni significative. Gli odori della cera delle api, della secrezione di un tipo di ghiandole (dette organi di Nasakov) e della sostanza della regina (il composto chimico con il quale l’ape regina controlla il comportamento riproduttivo delle operaie o di altre regine, che porterebbero alla sua sostituzione), vengono percepiti dall’ape a concentrazioni minori che dall’uomo.
8. Il senso del gusto
Gli scienziati hanno investigato a lungo il senso del gusto delle api. L’assoluta dipendenza delle api domestiche dal nettare sembrerebbe deporre a favore di una grande sensibilità delle api operaie per gli zuccheri; in realtà non è così. Molti zuccheri naturali e anche dolcificanti artificiali come la saccarina, sono neutri per le api, se non repellenti. In realtà, il fatto è comprensibile alla luce dell’evoluzione e più, specificatamente, alla luce del principio di economicità (le specie naturali selezionano solo i comportamenti e le predisposizioni utili al loro sviluppo). A verifica di questo principio, gli zuccheri ai quali le api sono sensibili sono componenti importanti del nettare e della melata. Peraltro il nettare dei fiori contiene una concentrazione zuccherina molto elevata, che non richiede molta sensibilità negli insetti che lo utilizzano.
9. Il senso del tempo
Le api mellifere hanno una sorprendente capacità di percepire con precisione il tempo. Lo scienziato, austriaco, Karl von Frisch, premio Nobel per la fisiologia nel 1973, descrisse il fenomeno con queste parole:
“Se in un punto di rifornimento artificiale si offre sciroppo zuccherino ad un dato momento del giorno, entro un giorno o due i visitatori si adeguano alla tabella oraria. A partire da questo momento vengono all’ora stabilita per la distribuzione, mentre prima e dopo sono quasi omessi i voli informativi. Le bottinatrici restano in riposo a casa, risparmiando le forze e non rischiando voli superflui”.
10. Il fascino delle api
L’entomologo americano William Wheeler spiegò con le seguenti parole il fascino dell’ape da miele: “Il volo prolungato, il poderoso pungiglione, l’intimità con i fiori e l’evitare tutte le cose corrotte, l’attaccamento delle operaie alla regina -considerata per tutta l’antichità un re- i singolari costumi di sciamatura e la stupefacente operosità nel raccogliere e accumulare miele e l’abilità nel fabbricare cera, due sostanze uniche di grande valore per l’uomo, ma di origine misteriosa, la resero un essere divino, un insigne favorito degli dei, in qualche modo sopravvissuto all’età dell’oro o volontariamente fuggita dal giardino dell’Eden col povero uomo decaduto per raddolcirne l’amaro destino”.
11. La pappa reale
Le caste operaie e reali di Apis mellifera sono tante diverse all’aspetto da sembrare appartenenti a specie differenti di insetti. Le differenze morfologiche, a cui si collegano quelle fisiologiche e comportamentali, anche rilevanti tra regina e operaie sono ben cinquantatre. Queste differenze si possono collegare direttamente alle peculiarità del ciclo vitale dell’ape domestica. Come specie l’ape mellifera si distingue per l’ampiezza delle sue colonie, il breve arco vitale delle operaie (trenta giorni) e il conseguente altissimo tasso di ovodeposizione necessario per sostenere la popolazione. Non sorprende quindi che le regine abbiano statura superiore alle operaie e che possiedano addomi più grandi, riempiti di trecento e più ovarioli. Ogni regina depone comunemente oltre mille uova al giorno e il suo metabolismo è costantemente più elevato di quello delle operaie che l’attorniano. La regina non partecipa mai alle ordinarie mansioni dell’alveare; essa è altamente specializzata per la riproduzione e il suo complicatissimo comportamento inizia precocemente nella vita adulta, quando sfida le regine sorelle rivali, che sfarfallano approssimativamente nello stesso periodo, ed effettua quindi il volo nuziale. Per il resto dell’esistenza la sua funzione non si diversifica molto da quella di una macchina atta a deporre uova.
Il forte dimorfismo tra regina e ape operaia lascia prevedere che la determinazione del destino della singola ape avvenga in uno stadio molto precoce dello sviluppo larvale. Ma cosa permette alle uova di costituzione genetica femminile, uguali per le regine e per le operaie di trasformarsi in regina? Beh, la risposta è nota da tempo: le uova deposte nelle celle reali vengono alimentante dalle operaie nutrici, con la pappa reale, materiale fornito principalmente dalle loro ghiandole ipofaringee. Ancora oggi il meccanismo biochimico di azione della pappa reale non è conosciuto con precisione, quello che si sa con certezza è che l’alimentazione con questa sostanza provoca, all’interno dell’alveare, il tipico forte polimorfismo che è alla base della netta divisione del lavoro delle api operaie. A queste già nel 1609, il britannico Charles Butler, rendeva omaggio con il suo brano: “ Le api giovani, essendo più robuste, sopportano i fardelli maggiori: infatti non soltanto operano all’esterno, ma sorvegliano e vigilano continuamente le proprie abitazioni: alla bisogna, rischiano la vita in difesa del nido, scacciano i fuchi percuotendoli, combattono con altre api e vespe e assaltano col loro pungiglione qualsiasi cosa rechi loro offesa, trasportano i cadaveri per seppellirli e svolgono tutte le altre mansioni. Ma la fatica delle più vecchie consiste soltanto nella raccolta, che mai arrestano, mentre talvolta perdono le ali: quando cessano di lavorare, smettono altresì di mangiare: tanto sono nemiche della pigrizia”.
La pappa reale è il materiale fornito dalle operaie alle larve di sesso femminile nelle celle reali, necessario per trasformare delle larve in regine. La pappa reale è secreta soprattutto dalle ghiandole ipofaringee ed è formata da una ricca miscela di sostanze nutritive, delle quali molte con complessa struttura chimica.
12. Il canto della regina
Il canto della regina è il rumore emesso dalle api regine. Le regine adulte comunicano attraverso segnali vibranti: suoni acuti da parte delle regine vergini nelle loro celle regali e modulati da parte delle regine libere nella colonia. Una regina vergine può emettere il canto frequentemente prima di emergere dalla sua cella e per un breve periodo in seguito. Le regine che sciamano possono emettere questo richiamo dopo essere state rilasciate in un alveare. Il canto è paragonabile ad una trombetta suonante e schiamazzante di un bambino. Può essere avvertito chiaramente fuori dall'alveare. A produrlo è il moto del volo senza il movimento delle ali. L'energia della vibrazione risuona nel torace.
La presenza di più di una regina nell'alveare aumenta la frequenza del canto. Secondo alcune teorie questo richiamo è una forma di grido di guerra per la regina avversaria e un invito ai fuchi a volare. Potrebbe anche essere un segnale per avvisare le api operaie che occorre sostenere la regina. Si ipotizza anche che il canto sia emesso dalla regina in procinto di sciamare per assicurarsi della presenza di celle feconde e per ritardare la nascita delle vergini..
13. Le api selvatiche
Tra i non specialisti, quando si pensa alla difesa delle api, si pensa probabilmente solo all’Ape domestica (Apis mellifera ligustica). In realtà, a subire le deleterie conseguenze della progressiva espansione urbana, sono più gli Apoidei selvatici. Questi ultimi, costituiscono un vasto raggruppamento di insetti solitari, pre-sociali o sociali divisi in 7 famiglie: Colletidae, Andrenidae, Halictidae, Melittidae, Megachilidae, Anthophoridae e Apidae, tutte rappresentate nella nostra città, dove sono state censite ben 279 specie (tra le quali è compresa anche l’Apis mellifera). Con la loro dieta a base di nettare e polline, il gruppo riveste un ruolo di fondamentale importanza naturale ed agricola. Questi insetti veicolano i granuli pollinici da un fiore all’altro, effettuando l’impollinazione incrociata sia di piante spontanee (il Bombo (Bombus sylvarum), ha un ruolo importante per l’impollinazione della Vesparia (Ophris apifera), un’orchidea presente nella Caffarella che, con i suoi labelli (petali modificati), simula il corpo di un Bombo femmina, attirando cosi i maschi), che di colture di forte rilevanza economica, incrementando così la produzione e contribuendo al mantenimento delle caratteristiche vegetazionali dell’ambiente naturale.
Tra le aree urbane capaci di ospitare non solo occasionalmente gli Apoidei ci sono la Caffarella e la grande area verde tra il Parco degli Acquedotti e di Tor Fiscale. A tale presenza va, però, dedicata la dovuta attenzione, anche in termini di mantenimento degli spazi verdi selvatici, troppo spesso valutato esclusivamente alla luce di una malintesa necessità di “ordine” e pulizia. È proprio per offrire anche a queste Api selvatiche un’occasione di nutrimento che, nell’ambito del progetto Tor Fiscale quartiere amico delle Api.

Bombo (foto di S.Bertaiola)
Bombo (foto di S.Bertaiola)