13. Vicolo dell'Acquedotto Felice: Amaranto. Amaranthus retroflexus. (AMARANTACEE)
“Non conobbero altro che l’oro, non sentirono altra sete che di ricchezze, a spese di uomini dolci, gentili e miti, che trattarono peggio che bestie”
(Bartolomè de Las Casas; Brevisima relacion de la destrucion de las Indias)
Come è successo che l’Amaranto, una pianta alta fino ad un metro, considerata dagli Atzechi un alimento sacro, base della loro alimentazione e di quella degli Incas, si sia trasformato in uno dei principali colonizzatori e infestanti dei margini stradali a lato di prati incolti, di rovine e di marciapiedi appena costruiti, del nostro Paese? La domanda è lecita. Nell’immaginario popolare, infatti, le piante sono legate permanentemente ad un luogo. In realtà, esse possono, per mezzo di spore, frutti, semi, parti vegetative, sia pure con possibilità diverse, spostarsi, alla ricerca di habitat adatti. Spesso il vettore è l’uomo che, direttamente o indirettamente, attraverso i suoi traffici e spostamenti, ha introdotto molte specie in luoghi diversi da quelli di originari.
Quando i traffici erano modesti e le
conoscenze floristiche scarse, le introduzioni riguardavano solo specie la cui
utilità era manifesta. Nel tempo scambi e movimenti delle popolazioni si sono
fatti frequenti e l’uomo ha aumentato la conoscenza della biodiversità
terrestre. La flora delle diverse regioni terrestri si è così arricchita di
specie esotiche. Le specie vegetali di un territorio possono quindi essere
distinte in due categorie: “indigene” o native ed “esotiche”. Le esotiche
spontaneizzate possono essere distinte in “naturalizzate”, se stabilizzate sul
territorio e “avventizie”, se questo non avviene. Le naturalizzate sono capaci
di sviluppo indipendente e di sostenere proprie popolazioni sul territorio per
almeno 10 anni.
Epoca di fioritura: da
giugno a novembre
Dove trovarla: l'Amaranto è diventato comune nella nostra città, grazie alla sua capacità di colonizzare le aree marginali, crescendo su suoli poveri. Se ne possono vedere molti begli esemplari tra le arcate dell'Acquedotto Felice (costruito a partire dal 1585 per volere del papa Sisto V, al secolo Felice Pieretti), lungo il vicolo omonimo.