Arco di Porta Furba
Nel punto in cui l’acquedotto Felice oltrepassa la via Tuscolana si erge l’arco di Porta Furba. Sisto V riprese così l’uso in voga nell’antica Roma dove le arcate degli acquedotti in corrispondenza del passaggio delle grandi strade venivano sottolineate in modo monumentale.
L’arco è completamente rivestito da blocchi di peperino, un tufo assai duro di color verdastro e grigio cenere. Le chiavi di volta, presenti in entrambi i lati, raffiguranti teste di leone, la linea sulla quale si imposta l’arco e le cornici delle iscrizioni sono realizzate in travertino, la tipica pietra calcarea proveniente dalle cave presso Tivoli, utilizzata fin dal tempo dell’antica Roma.
Le iscrizioni, celebrative sono scolpite su lastre di marmo. (1)
L’origine del nome della porta non è sicura. Una possibilità è che il nome derivi dai ladri o briganti (“furbi”, dal latino fur = ladro) che si rintanavano nelle vicinanze; un’altra è che il nome sia da collegare ad un’alterazione della parola “forma”, con la quale si usava indicare nel medioevo, gli acquedotti; con questo termine vengono infatti indicati nella famosa carta di Eufrosino della Volpaia, del 1547.Iscrizione
lato interno
SIXTUS V PONT MAX, PLURES TANDEM AQUARUM SCATURIGINES INVENTAS, IN UNUM COLLECTAS LOCUM SUBTERRANEO DUCTU, PER HUNC TRANSPIRE ARCUM A SE FUNTATUM, CURAVIT, AN MDLXXXV PONTIFIC. I
“Sisto
V pontefice massimo, trovate finalmente molte sorgenti e raccoltele in un solo
luogo con una condotta sotterranea, fece passare l’acqua sopra l’arco,
nell’anno 1585, primo del suo pontificato”
Iscrizione
lato esterno
SIXTUS V PONT MAX, QUO FONTIBUS RESTITUIS, DESERTI URBIS INTERUM HABITENTARENTUR COLLES, AQUAS UNDIQUE INVENIENDAS MANDAVIT, AN MDLXXXVPONTIFIC I.
“Sisto V pontefice massimo, affinché i colli deserti della città, ricostituite le fonti, fossero nuovamente abitati, ordinò di ricercare l’acqua in ogni luogo, nell’anno 1585, primo del suo pontificato”.