San Giovanni: una festa da far rinascere!

SAN GIUVAN-DE-GGIUGGNO
Domani è Ssan Giuvanni? Ebbè ffío (1) mio,
cqua stanotte chi essercita er mestiere
de streghe, de stregoni e ffattucchiere
pe la quale (2) er demonio è er loro ddio,
se straformeno (3) in bestie; e tte dich’io
c’a la finosomia (4) de quelle fiere,
quantunque tutte-quante nere nere
ce pòi riffigurà (5) ppiú dd’un giudio (6).
E accusì vvanno tutti a Ssan Giuvanni,
che llui è er loro Santo protettore,
pe la meno che ssia, da un zeimilanni (7).
Ma a mmé, cco ’no scopijjo (8) ar giustacore
e un capo-d’ajjo (9) o ddua sott’a li panni,
m’hanno da rispettà ccome un Ziggnore.
15 marzo 1834
(1) Figlio. (2) Per la quale. Il pronome, in romanesco, è usato solo al femminile. (3) Si trasformano. (4) Fisionomia. (5) Raffigurare. (6) Ebreo. (7) Seimila anni. (8) Scopetta. (9) Capo d’aglio

Versione. San Giovanni di giugno (San Giovanni Battista). Domani è San Giovanni? Ebbene, figlio mio, questa notte coloro che esercitano il mestiere di streghe, stregoni e fattucchiere e per i quali il demonio è il loro dio, si trasformano in bestie, e ti dico anche che la fisionomia di queste fiere, quantunque tutte quante nere nere, rassomiglia a più di un ebreo. E poi vanno tutti a San Giovanni che è il loro santo protettore da almeno seimila anni. Ma a me con uno scopiglio al giustacuore e una o due teste d'aglio sotto i panni, mi devono rispettare come un signore [alle scopa e all'aglio si attribuivano facoltà protettive contro streghe e stregonerie].

   
Così il grande poeta romano Giuseppe Gioacchino Belli (Roma, 7 settembre 1791 – Roma, 21 dicembre 1863) descrive la Festa di San Giovanni Battista che, per anni, si è tenuta a Roma, nella notte tra il 23 e il 24 giugno.

Come si vede le protagoniste di questo sonetto sono le credenze popolari in tema di streghe e stregonerie. Ma perché la notte di San Giovanni è la notte delle le streghe? Di quelle streghe, cioè, condannate a migliaia al rogo (circa 45.000 nei due secoli, il XV e il XVI, in cui si scatenò quella che oggi è nota come “Caccia alle streghe”) per aver stretto un “Patto col diavolo? La questione ha origini nientemeno che nell’inizio del Cristianesimo. Come è noto la predicazione del Battista ebbe inizio prima di quella del Nazareno. In questa predicazione, san Giovanni attaccò violentemente Erode Antipa, allora re di Israele (e figlio dell’Erode, forse più famoso, della Strage degli Innocenti). Il motivo di quest’attacco era il fatto che il re era concubino di Erodiade, moglie del fratello. Erodiade per vendicarsi del predicatore, chiese all’amante di ucciderlo, ma questi, conscio del fatto che il Battista era un uomo giusto e forse preoccupato dalle conseguenze che quest’uccisione avrebbe avuto presso le autorità romane, esitava a farlo. Così la donna ricorse ad un espediente: fece sedurre l’uomo dalla figlia, ancora adolescente, Salomè, con la celebre danza dei sette veli. Vinto dalla lascivia, il re cedette: la testa del santo fu condotta alla regina su un vassoio.

Le streghe, di San Giovanni, altro non sono che Erodiade e Salomè, trasformate, dalla fantasia popolare, nella personificazione stessa del male. 

Nel tempo, questa festa, che già nella data rivela una sovrapposizione di sacro e profano –la data della nascita del Battista, infatti, fissata in base al fatto che quando l’Arcangelo Gabriele rivelò a Maria che avrebbe partorito Gesù, sua cugina Elisabetta, madre del Battista, era al sesto mese di gravidanza, coincide con il giorno del solstizio d’estate che secondo il calendario all’epoca in vigore, avveniva il 24 giugno, data festeggiata da sempre anche come data del trionfo della luce sulle tenebre- diventò un vero rito popolare, durante il quale i romani ricorrevano a tutto quello che secondo loro poteva combattere la stregoneria. Così si spiegano i falò, la rincorsa a raccogliere erbe benefiche in grado di scacciare le fattucchiere, alle quali la rugiada della notte di San Giovanni conferiva un potere particolare e anche le scorpacciate di lumache. Mangiare lumache, con i loro occhi su lunghe protuberanze, scambiate per "corna", assunse infatti il significato di cancellare i tradimenti e i dissapori e riconciliarsi col mondo. (1)

Ma la grande partecipazione popolare innescò anche fenomeni ben più terreni: i giovani approfittavano della festa per dar sfogo alle loro passioni: la notte diventò così una sorta di Carnevale nel quale si mischiavano motivi laici e religiosi.

Al proposito, diamo la parola a Gigi Zanazzo, altro grande testimone, sia pure di un periodo più tardo, delle tradizioni popolari romane (che scrive in una lingua, più comprensibile rispetto al Belli). Le sue cronache ci raccontano delle scampagnate, delle mangiate di lumache, del libero sfogo dell'erotismo e della sessualità che tradizionalmente accompagnavano una festa, che dietro la facciata religiosa, scatenava sentimenti profondi come la gioia e la voglia di riconciliazione con il prossimo

"La viggija de San Giuvanni, si usa la notte d’annà, come sapete, a San Giuvanni Latterano a pregà er Santo e a magnà le lumache in de l’osterie e in de le baracche che se fanno appostatamente pe’ quela notte. For de la Porta, verso la salita de li Spiriti, c’era parecchi anni fa, l’osteria de le Streghe, indove quela notte ce s’annava a céna. A tempo mio, veramente, non se faceva tutta ’sta gran babbilonia che se fa adesso. Ce s’annava co’ le torcie accese o cco’ le lenterne, perchè era scuro scuro allora, pe’ divozzione davero, e pe’ vedè le streghe.
Come se faceva pe’ vedelle? Uno se portava un bastone fatto in cima a forcina, e quanno stava sur posto, metteva er barbozzo drento a la furcina, e in quer modo poteva vede’ benissimo tutte le streghe che passàveno laggiù verso Santa Croce in Gerusalemme, e verso la salita de li Spiriti. Pe’ scongiuralle bastava de tienè in mano uno scopijo, un capodajo e la spighetta cor garofoletto. S’intenne che prima d’uscì’ da casa, de fôra de la porta, ce se metteva la scopa e er barattolo der sale. Accusì si una strega ce voleva entrà’ nu’ lo poteva, si prima che sonasse mezzanotte nun contava tutti li zeppi de la scopa e tutte le vaghe der sale. Cosa che benanche strega, nu’ je poteva ariuscì’; perchè, si se sbajava a contà’ aveva d’arincomincià’ da capo. Pe’ non faccele poi avvicinà pe’ gnente, bastava mettere su la porta de casa du’ scope messe in croce. Come la strega vedeva la croce, er fugge je serviva pe’ companatico! Presempio, chi aveva pavura che la strega j’entrassi a casa da la cappa der cammino, metteva le molle e la paletta in croce puro là, oppuramente l’atturava cor setaccio della farina.
Un passo addietro. Er giorno se mannava in parocchia a pijà’ una boccia d’acqua santa fatta da poco, perchè l’acqua santa stantia nun è più bôna; e prima d’uscì da casa o d’annassene a letto, ce se benediveno li letti, la porta de casa e la casa. Prima d’addormisse se diceva er doppio credo, ossia ogni parola der credo si repricava du’ vorte: Io credo, io credo, in Dio padre, in Dio padre, ecc., e accusì puro se faceva de l’antre orazzioni. Nun c’è antra cosa come er doppio credo pe’ tienè’ lontane le streghe! Ammalappena, poi se faceva ggiorno, er cannone de Castel Sant'Angelo, che aveva incominciato a sparà’ da la viggija, sparava diversi antri cólpi, e allora er Papa, in carozza de gala, accompagnato da li cardinali e dar Senatore de Roma, annava a pontificà’, ossia a dì’ mmessa in de la chiesa. Detta messa, montava su la loggia che dà su la piazza de San Giuvanni Latterano, dava la benedizzione, e poi buttava una manciata de monete d’oro e d’argento.
Quanno er giorno de San Giuvanni sorge er sole, s’arza ballando. A tempo mio, er giorno de San Giuvanni, usava de fa’ un pranzo fra li parenti, ossia fra compari e commari pe’ fa’ in modo che si c’era un po’ de ruggine fra de loro s’arifacesse pace co’ ’na bôna magnata de lumache" 

(G. Zanazzo, Usi, costumi e pregiudizi del popolo di Roma).

Insomma “tra il 23 e il 24 giugno, secondo lo Zanazzo, e anche il Gregorovius, che nelle sue "Passeggiate Romane", scrive: … , da piazza San Giovanni a Santa Croce in Gerusalemme era tutto un "gioioso baccanale". I romani si scatenavano. Si mangiava, si beveva e ci si divertiva a più non posso, tra addobbi di fiori, musica, fuochi d’artificio, dolci, piatti di lumache, luci che splendevano sulla via Appia, fuori della Porta di San Giovanni. Si suonavano trombe, trombette, tamburelli, petardi e campanacci, per spaventare le streghe e impedir loro di cogliere le erbe che queste avrebbero impiegato per preparare le loro pozioni magiche. Intorno ai falò si ballava e si beveva, con l’inevitabile corollario di risse e coltellate.

Ci si bagnava nella fontana proprio sotto l’obelisco. Con la scusa di raggiungere la “Salita degli Spiriti” (oggi via dei Cessati Spiriti) verso la Valle della Caffarella e l’Acqua Santa, relativamente vicina, dove, probabilmente, la nebbia stagnante sopra l’Almone, favoriva visioni fantastiche, i giovani e le coppie di fidanzati andavano "per fratte" a sbaciucchiarsi o ad accoppiarsi. Del resto l’usanza scandalosa doveva essere radicata nella città se nel 1744 il Cardinal Vicario ritenne di emanare uno specifico editto nel quale si diceva che: "Sotto lo specioso pretesto di prendere il bagno, uomini e donne unitamente, si recano fuori le porte, in luoghi reconditi, celandosi tra i cespugli o dietro le siepi, e liberamente compiono atti osceni…". Papa Benedetto XIV, però, paradossalmente era “uomo di mondo” e così rispose alle lamentele dei prelati che: "Nasca quel che ha da nascere: nascerà qualche altro suddito allo Stato".     

L’atmosfera “carnascialesca” continuò per tutto l’ottocento e primi anni del Novecento, investendo le prime innovazioni come i primi omnibus a cavalli, le carrozze pubbliche antenate dei nostri autobus e tram e poi i tram elettrici. L’Illustrazione italiana, celebre rivista dell’epoca, per sintetizzare la festa mise, infatti, in copertina i suoi cinque elementi salienti: le tenerezze degli amanti, la facciata della basilica, i chioschi delle lumache, la banda popolare e, appunto, l'omnibus preso d'assalto dalla folla. E poiché, si sa, tutti i salmi finiscono in gloria, la festa finiva all'alba quando il Papa dopo lo sparo del cannone di Castel S.Angelo celebrava la messa, e poi dalla loggia della basilica gettava monete d'oro e argento al popolo, scatenando altra gazzarra tra chi si contendeva le monete.
Questo, insomma, fu il grande baccanale della Notte di San Giovanni che, dalla Roma dei Papi, attraversò i secoli.

Poi iniziò l’inarrestabile declino che, nonostante qualche encomiabile tentativo di far rivivere quell’atmosfera, ad oggi non è ancora stato invertito. E così preferiamo festeggiare feste, come Hallowen, che arrivano da altre tradizioni.

(1)   Ricetta delle Lumache di San Giovanni

A Roma San Giovanni vo’ le lumache, e hanno da esse lumache de vigna, che so’ le più bbone. Pe’ sei persone ce ne vonno ‘n chilo spurgate bbene. Se pijano e se butteno drento ‘na callara co’ l’acqua fredda e co’er foco lento; quanno che er calore dell’acqua ‘ncomincia a falle sortì fora dar guscio, arzate er foco a tutto gasse, accussì che morano sbollentate. Fatele coce pe ‘nantro quarto d’ora e poi scolatele. ‘Nartra bbona sciacquata nun je fa male. Fate ‘ntanto ‘n soffritto co’’n par de cucchiarate d’ojo, du spicchi d’ajo e tre o quattro filetti d’alice: ‘nzaporite bbene, tojete l’ajo e aggiungete ‘na bbona dose de sarza de pommidoro. Ammalappena er pommidoro s’è quasi ristretto, mettetece er zale, er pepe, quarche fojetta de mentuccia e rimestolatece drento le lumache che deveno da coce ‘nzieme ar zugo ancora pe’ ‘noretta bbona.