Il Palazzo di via dei Furi

Alme Sol, curru nitido diem qui promis et celas aliusque et idem nasceris, possis nihil urbe Roma visere maius.
(Sole fecondo, che col carro ardente porti e nascondi il giorno, e nuovo e antico rinasci, nulla piú grande di Roma possa mai tu vedere)

(Quinto Orazio Flacco; Carmen saeculare, vv. 9-12)

 

È il 1930, come indica la data in caratteri romani impressa sul portone (MCMXXX), quando in via dei Furi termina la costruzione dell’edificio ancora oggi esistente al civico 4. Un palazzo che sulla facciata riporta i versi del Carmen saeculare di Orazio. Come si spiega? Beh, proprio in quegli anni il Governatorato (così si chiamava il Comune durante il periodo fascista) aveva individuato l’area del Quadraro come area strategica per l’espansione della città verso i Castelli Romani. Per sostenere quest’operazione, nel quartiere furono costruiti due cinema (il Folgore, su via dei Quintili e il Quadraro su via Tuscolana), l'ufficio postale, la casa del fascio (in via degli Juvenci 6), un istituto per ciechi (su via Cincinnato all’angolo con via Ascanio Pediano).

Costruzioni che si aggiunsero all’insediamento originario, una lottizzazione progettata secondo criteri abbastanza soddisfacenti, con una struttura urbanistica basata su villini di due-tre piani, dotati di un'area verde, risalente all'inizio del '900.

L’utilizzo dei versi di Orazio nella facciata della costruzione di via dei Furi (Obbligo imposto? Omaggio spontaneo del costruttore?), vuole rendere manifesta la determinazione del regime nell’assicurare uno sviluppo urbanistico ordinato del quartiere e nello stesso tempo richiamare la sua politica di espansione (nel 1932 Mussolini prende la decisione definitiva di aggredire l’Etiopia, ma il regime inizia a pensare all’operazione già nel 1925).

Evidentemente il Carme oraziano aveva come destino quello di essere “strumentalizzato”. Tant’è vero che durante il ventennio, anche l’Inno a Roma, composto dal poeta Fausto Salvatori, proprio ispirandosi al Carme oraziano e musicato nientemeno che da Giacomo Puccini, si trasforma in un Inno fascista.

Eppure l’Inno a Roma nasce quando, nell’aprile del 1918 le autorità romane chiedono al poeta di comporre e al musicista toscano di musicare un’ode che commemori le vittorie ottenute dalle truppe italiane negli ultimi mesi della prima Guerra Mondiale.

La prima esecuzione dell'Inno venne fissata per il 21 aprile 1919, nel corso delle celebrazioni per l'anniversario della nascita della Città Eterna. Puccini entrò, però, in contrasto con le Autorità dell’epoca. Queste pensavano di far eseguire l'Inno a Villa Umberto (Villa Borghese, come i romani non smetteranno mai di chiamarla), alle cinque e mezzo del pomeriggio, mentre il compositore decise di far eseguire il brano quella stessa sera al Teatro Costanzi di Roma (Teatro dell’Opera), dove era prevista una rappresentazione dell’Aida, per utilizzare il grande coro previsto dall’opera ed ottenere così un migliore risultato.

Il piano del compositore però salta a causa di uno sciopero di tutte le orchestre dei teatri romani. Così alle cinque di quel 21 aprile migliaia di persone sono radunate in Piazza di Siena, sotto un cielo minaccioso, per cantare il brano. Una violentissima pioggia interrompe, però, l’esecuzione dell’Inno. Così si arriva a fissare quale nuova data, il primo giugno dello stesso anno, in occasione di varie competizioni ginniche previste allo Stadio Nazionale.

L’Inno a Roma viene cantato durante l'intermezzo della manifestazione sportiva e accolto con grande successo.

Il brano è un inno corale di preghiera teso ad esaltare il destino egemonico ed eterno di Roma. “Sole che sorgi” avrebbe tutte le carte in regola per competere con altri brani per divenire importante nel panorama degli inni nazionali. Ma la retorica fascista se ne impossessa: e quindi, Puccini o non Puccini, viene relegato in soffitta, dimenticandone l’esistenza.

Ma l’Inno ha una sua capacità di resilienza e così, ogni tanto, può capitare di ascoltarlo in esecuzioni di grandi orchestre, magari di Paesi che non hanno attraversato la dittatura fascista.

Facciata palazzo in via dei Furi
Facciata palazzo in via dei Fulvi