Fico (Ficus carica)
"il fico mi tende le braccia ...
il fico mi urla e m'assale
tremendo e moltiplicato"
(Federico Garcia Lorca)
La domesticazione di questa pianta, erroneamente ritenuta non autoctona delle regioni del Mediterraneo (il termine carica indica l'origine dalla Caria, regione sudoccidentale dell'Asia), per mezzo della quale sono state selezionate varietà partenocarpiche (parthenos: vergine; karpos: frutto) che non richiedono la fecondazione per produrre e far maturare i frutti, ha reso superflua la pratica della caprificazione. Questa pratica, in precedenza necessaria per la produzione dei fichi, consisteva nell'appendere una corona di fichi selvatici intorno ai rami della pianta domestica. In tal modo si permetteva al moscerino impollinatore, attirato dai fiori maschili, di entrare nel frutto selvatico e così di imbrattarsi di polline. L'imenottero, naturalmente, per deporre le uova, volava anche all'interno dei frutti domestici, trasportando sui fiori femminili di questi il polline. Fortunatamente, la forma dei fiori femminili dei frutti della pianta domestica impedisce l'operazione (altrimenti mangeremmo larve!) e i fiori fecondati porteranno ai veri frutti (che sono i piccoli acheni legnosi, ovvero quei piccoli granellini che si trovano all'interno del frutto, che tappezzano il siconio che diventato dolce e carnoso, è quello che mangiamo!). Nel frattempo il siconio del caprifico ospita l'accoppiamento tra il maschio e la femmina dell'insetto, la deposizione e la schiusura delle uova.
Suggerimento bibliografico: Fernand Braudel, Civiltà ed imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II. Biblioteca Nelson Mandela (via La Spezia 21)