Ailanto (Ailanthus altissima) - 8. Parco di Tor Fiscale

Ovunque cadessero i suoi semi, ne nascevano che cercavano di toccare il cielo. Cresceva sui terreni chiusi da palizzate e su quelli abbandonati ed era l’unico albero che germogliasse sul cemento. Cresceva rigoglioso ma soltanto nei quartieri popolari. Ecco che genere di albero era: amava la povera gente.

(B.Smith, Un albero cresce a Brooklin)

 

È una pianta problematica l’Ailanto. Introdotto nel XVIII secolo per l’allevamento del baco da seta, nell’illusione di poter far concorrenza al tessuto cinese, quest’albero viene indicato come specie alloctona “invasiva” in tutte le regioni italiane. Tanto da aver meritato, insieme alla Robinia, la stesura di un apposito documento mirato alla prevenzione della sua diffusione da parte del Ministero dell’Ambiente. Un documento nel quale si indica di non diffondere semi e piante. Di impedire la crescita sui tetti piani e nei giardini estensivi e di sradicare le giovani piante, prima che diventino troppo grandi. Se la pianta è già presente, si suggerisce come evitarne l’espansione: tagliare le infiorescenze prima della formazione dei frutti e strappare tutti i rigetti. Si arriva addirittura a consigliare di evitare di depositare in giardino pezzi di radici, di gettarli nel compost e di consegnarli ai servizi di raccolta dei rifiuti.

Ad aggiungere motivi di scarsa simpatia, il fatto che una sostanza (ailantina) contenuta nella corteccia e nelle sue foglie che, al pari delle radici, devono essere trattate solo con i guanti, può provocare forti irritazioni cutanee. Gli animali, poi, lo evitano a causa delle sostanze amare contenute nelle foglie.

Insomma, sembrerebbe di avere a che fare più con un demonio che con un albero. E così, qualche anno fa, i due più importanti quotidiani della Capitale, hanno eletto, nello stesso giorno, quest’albero a simbolo del degrado della città. Non i cassonetti spesso traboccanti, non il traffico e il conseguente inquinamento atmosferico, non l’incapacità di fronteggiare la trasformazione del centro della città in una mistura di una grande ristorante e bazar all’aperto, ma un albero. Una pianta che ha il difetto di crescere utilizzando anche l’incuria. Eppure una maggiore tolleranza non farebbe male. In fondo il concetto di specie invasiva è assai labile. E forse una visione meno autarchica, aiuterebbe a concentrare le forze dove davvero è utile (un conto è preservare l’ambiente dell’isola di Montecristo, altro combattere una battaglia inutile per sradicare l’ailanto dalle strade di periferia).

Qualcuno, per la verità, ha iniziato a vedere quest’albero con occhi diversi. In fondo l’ailanto è albero dal portamento fiero, con lunghe ombrose foglie, simili a felci; in estate sfoggia ciuffi penduli e persistenti di samare rosse. Le sue radici possono essere utili nel contenimento di pendii franosi e scarpate ferroviarie.

 

Identificazione sistematica.

Divisione: Angiosperme

Classe: Dicotyledones

Ordine: Terebinthales

Famiglia: Simarubacee 

Origine e Diffusione. È una pianta orientale originaria della Cina, introdotta in Europa alcuni secoli fa si è presto adattata e naturalizzata. 

Dimensione e portamento. Essenza legnosa a portamento arboreo, con chioma alta, espansa, piuttosto irregolare. Raggiunge altezze di 20-30 metri. 

Tronco e corteccia. Albero a fusto diritto e alto, si ramifica e si divide anche nella parte alta formando una chioma molto espansa e compatta. La scorsa è liscia e grigiastra nelle piante giovani, diventa rugosa e brunastra con deboli fessurazioni longitudinali chiare nei vecchi esemplari. I rami sono fragili e lunghi; alla base tende a formare molti polloni infestanti. 

Foglie, gemme e rametti. L’Ailanto ha foglie caduche di tipo composto imparipennato, molto lunghe (fino a 40-70 centimetri) vagamente somiglianti a quelle del Noce nero. La foglia composta è formata da 13-31 singole foglioline con lamina ovata-lanceolata, più o meno ellittica, di 4-6 centimetri con apice acuto; il margine è intero nella parte mediana ed apicale, mentre è brevemente dentato nella parte basale. Le foglie sono color verde chiaro (con sfumature grigiastre nella pagina inferiore) e vellutate al tatto. Le foglie dei giovani germogli presentano tipiche sfumature rossastre. Per la presenza di formazioni ghiandolari, alla base della lamina, emanano odore sgradevole. I giovani rami sono brunastri e molto fragili. 

Strutture riproduttive. Albero generalmente dioico con fiori unisessuali, separati in piante diverse. I singoli fiori sono riuniti in infiorescenze a pannocchia terminali, lunghe 15-25 centimetri; la loro parte vessillare è insignificante, di color bianco-verdastro con sfumature rossastre. Non ci sono particolari differenze morfologiche fra l’infiorescenza femminile e quella maschile. La fioritura avviene a giugno-luglio. I frutti sono rappresentati da delle samare (acheni alati) affusolate simili a quelle del Frassino, lunghe 3-6 centimetri e contorte, riunite in grappoli penduli e persistenti. 

Note caratteristiche. L’Ailanto è una pianta estremamente rustica e adattabile a numerose e diverse condizioni pedo-climatiche, colonizza molto facilmente le zone marginali e incolte, dove forma ben presto vere e proprie macchie e boscaglie, data la sua caratteristica di emettere molti polloni. Nonostante sia tipica di areali caldi manifesta un’ottima tolleranza al gelo. L’Ailanto è una pianta ad elevata competitività e capacità colonizzatrice, per cui, in certi ambienti, diventa sgradita ed infestante (anche per il suo odore disgustoso). È una pianta estremamente resistente all’inquinamento e alle avversità, per questo impiegata per formare aree verdi in ambienti urbani difficili o in zone marginali, che altre piante avrebbero difficoltà a colonizzare.

Ailanto e arcate dell'Acquedotto Claudio