20. Via del Mandrione. Ortica. Urtica dioica. (URTICACEE)

“Circonda questa creaturina fiduciosa anche un'aura fatale e triste. Nei secoli è stata abbandonata molte volte, lasciata morire in freddi vicoli urbani, in torridi terrains vagues assolati, tra cocci di terraglie, ortiche, muri crollati. Tante volte ha gridato aiuto invano. Fa le fusa e insieme dorme, Fletch, stende le zampette nere per essere in contatto con le mie mani, gli artigli ritratti, giusto un tocco gentile per assicurarsi che io sia lì, accanto a lui che dorme. Probabile che mi veda in sogno. Si dice che i gatti non distinguano i colori: un granuloso bianco e nero, un'argentea pellicola guizzante piena di strappi mentre lascio la stanza, poi torno, vado fuori, lo prendo su, lo metto giù. Chi potrebbe fare del male a una simile creatura? Allenare il proprio cane a ucciderlo! L'odio per i gatti riflette uno spirito gretto, stupido, volgare, bigotto. Con questo Spirito Gretto non ci può essere compromesso.”

(W.S.Burroughs; Il gatto in noi)

Da tempo, ormai, crediamo sia andata in disuso una prova di coraggio nella quale si utilizzava questa pianta, da sempre maledetta da bambini e contadini. La prova consisteva nel tenere in mano le foglie dell’ortica, dopo essersi passati le mani sui capelli. Beh, forse per il non proprio perfetto stato di pulizia delle nostre capigliature, la cosa, il più delle volte, funzionava!

L’ortica provoca il tipico bruciore attraverso un meccanismo molto semplice: la punta di ogni pelo, appena viene toccata, si spezza liberando un acido capace di provocare un’infiammazione cutanea dolorosa. Ancora oggi, le giovani foglie vengono cotte e mangiate, mentre dalle foglie secche si ricavano infusi utilizzati per molti scopi, quali la cura dei reumatismi e per contrastare la caduta dei capelli.

Epoca di fioritura: primavera - autunno

Dove trovarlaImboccando via del Mandrione dalla Fontana Bella, troviamo sulla sinistra uno dei rari tratti dell’acquedotto Marcio scampati agli architetti di Sisto V per la costruzione dell’acquedotto Felice (un altro tratto superstite lo si può vedere all’altezza del casale di Roma Vecchia nel Parco degli Acquedotti).

I resti che vediamo qui sono probabilmente i 10 archi meglio conservati dell’intero acquedotto.

I pilastri si poggiano su fondamenta in opera quadrata di tufo; i blocchi delle fondamenta a contatto con il suolo, sono di tufo detto di Grotta Oscura (poroso e giallo-grigio). Il resto è in blocchi di tufo rosso dell’Aniene. Anche i pilastri sono realizzati in blocchi di tufo di Grotta Oscura.

L’acquedotto Marcio era lungo 91,4 km, circa 5 km in più del moderno acquedotto Peschiera. Per circa 80 km l’acquedotto correva sottoterra e per 11 km circa, su arcate, in seguito riutilizzate anche per i condotti dell'Acqua Tepula e dell'Acqua Iulia. Fu costruito dal pretore Quinto Marcio Re nel 144 a.C., all’epoca della distruzione di Cartagine, quando Roma dispiegò la sua potenza come centro del Mediterraneo. I lavori, che videro per la prima volta utilizzata la tecnica delle grandi arcate in opera quadrata, durarono in tutto quattro anni.

Le sorgenti dell’Acqua Marcia, localizzate nell’alta valle dell’Aniene, vicino Arsoli, sono sempre state considerate di grande qualità, tanto da costituire il termine di paragone per la qualità delle acque trasportate da tutti gli altri acquedotti.

Le sorgenti alimentavano un laghetto artificiale dal quale partiva il canale vero e proprio. All’altezza dell’odierna Capannelle l’acqua depositava le impurità in sospensione in grandi piscine limarie (bacini di decantazione); da lì, dopo altri 9 km di percorso nelle arcate sopraelevate, l’acqua giungeva al centro di Roma alla quota di 56 m sul livello del mare; la portata dell’acquedotto era di 190.000 metri cubi di acqua al giorno.

Ai piedi delle arcate dell'acquedotto è possibile vedere una bella colonia di Ortica.